VERGESSENHEIT OBLIO

“Schwarze Milch der Frühe wir trinken sie abends Wir trinken sie mittags
und morgens wir trinken sie nachts Wir trinken und trinken Wir schaufeln
ein Grab in den Lüften da liegt man nicht eng Ein Mann wohnt im Haus
der spielt mit den Schlangen der schreibt Der schreibt wenn es dunkelt nach
Deutschland dein goldenes Haar Margarete
…”

“Nero latte dell’alba lo beviamo la sera lo beviamo al meriggio, al mattino, lo beviamo la notte beviamo e beviamo scaviamo una tomba nell’aria lì non si sta stretti.

Nella casa c’è un uomo che gioca coi serpenti che scrive che scrive in Germania la sera i tuoi capelli d’oro Margarete…”

“Todesfugen” di P. Célan

da “Apocalisse secondo Giovanni”, Libri di Isaia, “Faust” di Goethe, “Inno
alla gioia” di F. Shiller, “Todesfugen” di P. Célan, “Coro dei superstiti” di N.
Sachs, “Se questo è un uomo” di P. Levi
Adattamento e regia di Daria Panettieri
Con Patrizia Casiraghi, Clarissa Chiari, Eva Dante, Viola Dante, Franco De
Filippi, Adriana Ferrari, Saul Losole, Francesco Santagostino, Nadia Talarico
Con la partecipazione di Sauro Dante e Italo Donegana
Costumi Carla Locatelli


Sinossi
Oblio rappresenta lo scolorire, il diventare oscuro
e oscuro è il secolo breve, il ‘900
Oscuro è l’uomo che diviene ombra e svanisce.
Oscura è l’ombra che atterrisce.

Il teatro può evocare, suscitare emozioni e riflessioni nell’uomo contempora-
neo che è spettatore inerme del passato ma anche portatore di un dovere so-
ciale e civile nel presente e per il futuro. Pur nell’impossibilità di rappresen-
tare l’orrore vissuto dalle vittime della Shoah, riteniamo sia necessario ricor-
dare quanto l’uomo sia stato e sia facile preda della follia e dell’odio verso i

suoi simili. Si può attraversare l’oscurità di quel terrore, armati dell’unica pa-
rola possibile, quella poetica, che può dirlo sublimando quella storica dei

documenti che trattengono le tracce di ciò che la Shoah (Tempesta devastan-
te) è stata. La memoria ha un peso, è fatta di corpi e di voci che non posso-
no più essere. La domanda aperta che s’inchioda nella coscienza allora è:

”Cosa accadrà quando l’ultimo dei sopravvissuti non ci sarà più? Chi rac-
conterà, dopo?”. La poesia Todesfuge (Fuga di morte) del poeta Paul Célan

rimbomba sorda nel suono duro e cantilenato della lingua tedesca. La lirica
Inno alla gioia di F. Shiller, viene stravolta dalla soldatessa che la canta e
l’eco della grandezza della cultura tedesca viene resa oscura. Il personaggio di

Margarete è ripreso dal Faust di Goethe. La minuta figura passerà tra i solda-
ti nazisti tesi nel saluto al führer simboleggiando la forza delle arti e della

cultura, del resistere, sopravvivere ed essere luce del secolo buio per superar-
lo. L’arte è una vibrazione esistenziale che tende all’assoluto e il teatro è il

mezzo per farla risuonare costringendo chi guarda a essere guardato. La co-
scienza è percossa. Lo spettatore è chiamato in causa nel suo profondo, con

responsabilità. In scena il corpo è carne, oggetto; la parola diviene oggetto:

suono disarticolato, incomprensibile. Si assiste a un sacrificio. In quanto ar-
te composita che accoglie in sé le altre, nutrito dalla dimensione metafisica e

spirituale del pensiero filosofico, il teatro sublima la realtà. Da questo luogo
della memoria resuscitata dal torpore delle coscienze, non si può far ritorno.

L’umanità è stata uccisa. Questo è il grido che lacera il tempo e ferisce la sto-
ria. L’umanità ha ucciso sé stessa e lo stato di abbandono del pensiero e del

sentimento è quasi una conseguenza naturale. Il teatro può essere la memo-
ria “attonita” di un silenzio “assordante”, affinché l’uomo rifletta sul male

che può scatenarsi in qualsiasi condizione e tempo. Affinché i versi in “Se
questo è un uomo” di P. Levi, siano monito e non debbano più essere scritti.
Affinché non rimangano voci che gridano nel deserto.
Genere Teatro sociale, civile, storico, teatro contemporaneo